La prefigurazione di una scienza: criminologia e investigazione secondo Sherlock Holmes
Estratti dall’introduzione al volume: L. Marrone, Sherlock Holmes e la logica del delitto. Criminologia e analisi investigativa in Arthur Conan Doyle, EdUP, Roma, 2024.
Quando, nel 1887, il giovane e – allora – squattrinato medico di origini irlandesi Arthur Conan Doyle pubblicò il breve romanzo Uno studio in rosso, non pensava certo che il suo protagonista avrebbe inciso in modo tanto significativo sugli sviluppi della letteratura e dell’indagine criminale lato sensu. E, in effetti, com’è noto, gli esordi letterari di Sherlock Holmes non lasciavano presagire il riscontro che in seguito avrebbe ottenuto. Gradatamente, grazie alla pubblicazione del secondo romanzo, Il segno dei Quattro e dei primi racconti delle Avventure di Sherlock Holmes (indissolubilmente legati alle illustrazioni di Sidney Paget), la sua prepotente vis attrattiva ha iniziato a palesarsi e il consulting detective di Baker Street ha finito con il radicarsi profondamente nell’immaginario del pubblico, assurgendo a simbolo stesso dell’investigazione.
Le ragioni di un successo tanto duraturo – che forse è riduttivo chiamare semplicemente “successo”, proprio di tanti altri protagonisti della narrativa di investigazione, tutti comunque meno emblematici e “assoluti” – sono state variamente ricercate ed enunciate da generazioni di studiosi di tutte le formazioni e provenienze. Scrittori, critici letterari, registi, filosofi della scienza, semiologi, psicologi, sociologi, criminologi, scienziati forensi, ognuno dal proprio, peculiare, punto di vista, hanno tentato di interpretare Sherlock Holmes, di scandagliarlo, di sviscerarlo, per comprendere le ragioni della sua singolarità e irripetibilità. […]
Al di là delle interpretazioni, spesso assai ingegnose e suggestive, resta il dato dell’assoluta unicità del personaggio, della sua perenne attualità, della sua inamovibilità dall’olimpo della mitologia contemporanea. E, per quanto più direttamente afferisce alla criminologia e alle scienze investigative, della sua indubbia valenza di ispiratore e di anticipatore.
È esagerato ipotizzare che, senza Sherlock Holmes, tali discipline avrebbero conosciuto un decorso differente? Che, forse, si sarebbero sviluppate in modo meno sistematico e programmatico, prive di una figura unificante, di un simbolo che le incarnasse? Non siamo ovviamente in grado di approdare a valutazioni conclusive in proposito. Ma, di certo, prendendo in esame in modo comparato l’opera di Conan Doyle dedicata al personaggio e gli sviluppi delle discipline criminologiche e investigative, è possibile ravvisare molteplici e significativi assonanze e punti di convergenza.
È quanto emerge dagli articoli riuniti in questo volume. Si tratta di scritti originariamente pubblicati in appendice al “Giallo Mondadori – Sherlock”, collana specializzata in romanzi apocrifi appunto dedicati al celebre consulente investigativo, e successivamente riproposti in brevi e-book per la collana “Sherlockiana Saggi”, curata da Luigi Pachì per la casa editrice Delos Digital. […]
Ora, per la prima volta, questi contributi vengono riuniti insieme, riveduti, corretti e aggiornati. E, letti in successione, sembrano evidenziare l’attitudine a costituire capitoli di una medesima, unitaria trattazione. Come accennato, pongono in risalto quanto la produzione di Conan Doyle abbia anticipato e orientato i reali sviluppi delle scienze applicate all’investigazione criminale, in particolare della criminalistica e del criminal profiling, approcci analitici distinti ma affini e complementari. La ricerca e la raccolta delle tracce materiali del reato sulla scena del crimine, infatti, costituisce l’indispensabile premessa dell’analisi comportamentale-motivazionale della scena stessa, nel tentativo di individuarvi elementi utili a tracciare un profilo personologico dell’ignoto autore del fatto. E, nei romanzi e racconti che lo vedono protagonista, Sherlock Holmes opera appunto in questo modo, applicando e sintetizzando le due metodiche, ben prima che emergesse, nella pratica, la consapevolezza delle loro potenzialità e si affermasse quella che oggi definiamo cultura dell’investigazione.
Ma il contributo del personaggio all’analisi dei fenomeni criminosi non si limita a questo. Nel testo si pone in risalto come Sherlock Holmes […] abbia recepito e sviluppato nella propria, peculiare prospettiva, anche gli umori e i fermenti della coeva comunità scientifica in tema di studio sistematico del crimine, del suo autore, della funzione della pena e, in generale, della reazione sociale a crimine e devianza. Dunque, il suo impegno nello studio e nel contrasto delle condotte contra legem, risulta essere non solo quello del consulente investigativo che si interessa di singoli casi giudiziari, ma quello del criminologo nell’accezione più ampia del termine, dello studioso del delitto come fenomeno globale, nelle sue multiformi accezioni fenomenologiche.
In tal senso, Conan Doyle, tramite il personaggio di cui narra le gesta, ha fornito la realistica e suggestiva rappresentazione dell’approccio eclettico e multiforme dell’operatore del settore, diretto riflesso della complessità dell’universo che questi si impegna a indagare e contrastare. Da qui, l’estrema modernità di Sherlock Holmes e del suo Autore. E l’indissolubilità del loro legame con le discipline considerate.
Su ciò riflette dunque il presente volume, che propone, per così dire, un’esplorazione delle discipline forensi e criminologiche valendosi, come guida d’eccezione, di quello che da sempre viene percepito come il detective per antonomasia. […]
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